pasquale ruocco


La pittura per Paolo Bini: spazio delle memorie, luogo dell’esistenza.

Su di un ripiano, incastrato perfettamente nell’esiguo ambiente dove lavora, Paolo conserva le sue cose: bozzetti, appunti, schizzi, carte di tutti generi, tovagliolini, buste, e poi pezzi di tela, di spugna, cenci di cotone, pennelli, barattoli di colore acrilico e bombolette spray, l’universo insomma degli oggetti con i quali Paolo ragiona, ricorda, su cui attende. Spazio delle memorie e luogo dell’esistenza appunto.«È sempre una questione di attesa - mi spiega - l’attesa di uno stimolo, di una suggestione che può venire dall’asfalto lucido di una strada bagnata dalla pioggia, dal ricordo di un paesaggio greco arso dal sole di agosto, dai rami degli alberi mossi dal vento non molto lontano da casa o dal loro riflettersi in uno stagno».

L’ansia del ricordo e del suo manifestarsi al confine tra realtà ed esperienza dei sensi l’hanno condotto verso una maturità precoce, verso un linguaggio proprio, attraverso la graduale trasfigurazione dell’oggetto nel complesso flusso dell’esistenza. La suggestione morandiana è forte e non del tutto ingiustificata ma riletta da Paolo in maniera originale e personale.

Lentamente gli oggetti di Da Enzo ho visto le ceramiche di Lista si sono dissolte, gli essemi dell’Archivio Greco sono stati assorbiti da fondo scuro delle opere più recenti. L’oggetto, l’essema, ritorna al suo stato primordiale di materia che l’artista raccoglie, analizza, apprezzandone le suggestioni che segue fino in fondo inoltrandosi nel labirinto dei ricordi, immergendosi nel flusso magmatico dell’immaginazione.

Ciò che prima era inserito secondo una precisa disposizione, riflesso di un universo immaginativo fatto di misura e di un equilibrio formale ed emotivo, ora si scioglie in una vibrante oscurità.

Senza il timore di cedere ad un informalismo sterile Paolo agisce su questa materia caotica selezionandola, decostruendola e riassemblandola seguendo le suggestioni della memoria.

Con Notturno e Abbiamo già memorie da consultare l’artista sembra abbandonare la narrazione a cui ci aveva abituato in cui spendeva il suo alfabeto pittorico fatto di vasi, caffettiere, bicchieri, per far posto a strane apparizioni, tra sogno e allucinazione, che strisciano subdole come serpenti insinuandosi nel quadro.

Quest’ultimo diventa l’occasione per riportare in superficie sollecitazioni che vanno al di là dell’oggetto e del reale, al di la del racconto, un luogo instabile e difficile da percepire, come quello assai labile della memoria, offerta come una ricchezza da condividere con la collettività. I confini della tela, quindi, vengono man mano violati da veri e propri corpi o letteralmente trasgrediti da strappi e tagli annullando la distanza tra realtà e sogno, tra passato presente e futuro, tra l’artista e la società.