beatrice audrito


Scenari emotivi

La tematica del paesaggio ha affascinato gli artisti di tutti i tempi, sin dall’antichità. Affrontato nei linguaggi più disparati -dalla pittura alla scultura fino all’installazione-, nel corso dei secoli il paesaggio ha conquistato la propria autonomia espressiva, trasformandosi da elemento minore o decorativo a soggetto autonomo. Studiando le modalità di rappresentazione del paesaggio nella storia dell’arte, l'uomo contemporaneo ha potuto conoscere l’evoluzione del rapporto uomo-natura e i suoi significati simbolici. Con l’invenzione della macchina fotografica, abbandonata l’idea di un’arte basata sulla mìmesis, in epoca romantica il paesaggio ha assunto una connotazione nuova, interiore ed emotiva, funzionale a rivelare sentimenti e stati d’animo. Proprio la capacità del paesaggio di definirsi e rideterminarsi, aggiornando costantemente la propria identità visiva e culturale rispetto all’epoca e allo sguardo di chi lo osserva, continua ad affascinare gli artisti contemporanei, che si accostano al paesaggio naturale o antropizzato quale fonte inesauribile di ispirazione per indagarne le potenzialità espressive e approdare a nuove modalità di rappresentazione.

Una prospettiva innovativa che caratterizza la ricerca di Paolo Bini, artista dalla cultura mediterranea che conduce da molti anni una riflessione puntuale e attualissima sul paesaggio, spogliandolo da scopi rappresentativi per abbracciare esiti emotivi. Riflettendo sul bombardamento attuale di immagini digitali, dal 2013 l’artista mette a punto un linguaggio nuovo e personalissimo che si serve di un materiale improprio come il nastro carta adesivo per costruire, procedendo per stratificazione, vibranti superfici cromatiche che rievocano più che l’immagine in sé e dunque la sua configurazione figurativa, la sensazione del paesaggio osservato. E’ proprio il nastro carta a offrire all’artista una nuova modalità di costruzione dell’immagine, dettando il ritmo della visione: rivestendo la tela a intervalli regolari con strisce di nastro dipinte, Bini predispone uno schema nuovo, razionale e geometrico, all’interno del quale riorganizzare gli elementi grammaticali della pittura, la luce e il colore, per attuare una sintesi del paesaggio osservato, che trapela e riemerge tra le linee orizzontali o verticali del quadro generando una nuova immagine. Un’operazione con la quale l’artista si riappropria del paesaggio osservato, restituendone un’immagine intima, distillata e filtrata dalla dimensione emotiva. In questo nuovo assetto formale, il colore -libero dalla forma-, è un dato, un elemento emotivo utile a trasferire il sentire del pittore in un linguaggio astratto più facilmente decodificatile, senza abbandonare la pittura. Proprio il binomio matericità-astrazione guida l’artista nella costruzione di queste opere, rivelando da un lato l’esigenza intima e quotidiana del dipingere e dall’altro la necessità di ricondurre questa pratica a una struttura astratta, ordinata e geometrica, capace di riorganizzarne ed esplicitarne il linguaggio. Sfruttando le proprietà di rifrazione e assorbimento della luce, che danza sulla superficie del quadro innestando nuove frequenze ritmiche, le opere si contraggono e si dilatano nello spazio ma anche nel tempo, in una sintesi che rivela grande equilibrio e gusto compositivo. Appropriandosi di schemi di derivazione digitale, il quadro assume idealmente la struttura del linguaggio informatico, di cui Bini si serve per frammentare e deframmentare il paesaggio, interrogandosi sulle sue modalità di rappresentazione contemporanea. Il retaggio viene dal mondo della tecnologia, dalla grande biblioteca di immagini digitali, sature e coloratissime, che popola il web e il nostro quotidiano costringendoci a consumare rapidamente una grande quantità di immagini senza il tempo di assimilarle; l’output è invece il frutto di un’astrazione libera che esprime l’inquietudine del nostro tempo nei confronti di una realtà troppo veloce e impalpabile, e invita ad accostarsi all'arte riappropriandosi di un “tempo altro” della visione, dove osservare, far sedimentare e maturare le cose del mondo.

Accanto alla produzione di queste opere di matrice più astratta, costruite con il nastro carta -con il quale Bini ha delineato in questi anni il suo peculiare linguaggio-, sin dal 2015 l'artista realizza superfici cromatiche uniformi dai colori intensi che rievocano ampie e infinite distese di cieli o mari, al tramonto o all'alba. La materia scelta è ancora una volta la carta, che accoglie la pittura stesa con cura; l’esito è una pittura più libera e immediata che affianca la produzione dei “nastri”, quale occasione di riflessione e matrice per esperienze più ampie. Ampliando l'orizzonte narrativo della sua ricerca, l’artista si rivolge al paesaggio con uno sguardo nuovo: il paesaggio quale luogo fisico ma anche luogo interiore, più intimo e recondito, con il quale stabilire connessioni profonde.

Con la nuova mostra personale,Paolo Bini sposta il focus sulla relazione tra questi due modi di sentire il mondo. Scenari emotivi si configura dunque come un dialogo aperto e circolare tra due tipologie di lavoro apparentemente lontane ma intimamente legate che aiutano a comprendere l'evoluzione del linguaggio dell'artista a tuttotondo. Se l'opera Eden Polychrome accoglie i visitatori all'ingressopresentando l'evoluzione ultima della ricerca sui “nastri” per poi invitarli a superare questa soglia, Ho fatto molti sogni per arrivare fin qui e Ho vagato guardando in basso. Ora vedo, sono l'emblema di questo approdo: uno sguardo sul paesaggio della memoria che incarna il desiderio di ampiezza, di sconfinamento formale e ideale dell'artista, divenendo una dichiarazione di poetica. Per dare forma alla propria visione, Bini si serve di supporti di carta industriale, poi foderati su tela da rifodero, su cui stende pigmenti e colori acrilici con grande abilità e equilibrio compositivo.

Al contrario dei “nastri”, dove predilige supporti di formato quadrato o circolare -forme pure, più inclini a trasportare il fruitore in una dimensione intima e spirituale-, per la realizzazione dei “cieli” l'artista si affida a un formato orizzontale più allargato che ricorda il formato finestra; una forma capace di accogliere le infinite microvariazioni di luce e colore che egli modula con sapienza per ottenere un effetto di profondità spaziale illusorio, consegnandoci visioni primordiali e senza tempo che offrono un'esperienza totalizzante del colore, quale spazio in cui immergersi per ritrovarsi. Uno spazio che diventa praticabile in Istanti che anticipano primavera, il grande wall painting realizzato dall’artista su una parete della galleria, quale possibilità di lavorare in situ per misurarsi con l'architettura, ricreando preziose assonanze cromatiche con le opere in mostra. In questa occasione, Bini affronta lo spazio vuoto come affronta la tela bianca: prima lo organizza in una partitura geometrica di linee orizzontali che degradano verso l'alto, applicandovi con grande precisione il nastro carta che servirà da guida al dipingere; poi vi dipinge sopra alternando l'uso di vernici spray a pigmenti e colori acrilici, stesi invece con il pennello. L'artista procede per stratificazione con grande libertà, costruendo il suo intervento dal basso verso l'alto, e dipingendo su tutta la parete senza tralasciare nessuno spazio. Mentre lavora, la visione che si offre a chi osserva è quella di un grande paesaggio astratto dai colori forti che appare fuori fuoco. Nel procedere Bini non può avere contezza di quello che succede tra le righe. L'avrà soltanto alla fine, quando rimuoverà il nastro carta per scoprire, a intervalli regolari, la parete bianca e permettere alla luce di entrare, mettendo finalmente a fuoco l'immagine. Come in uno spartito musicale, dove è la pausa a organizzare il tempo per dare il ritmo della composizione, lo spazio bianco riorganizza gli elementi dell'immagine in uno schema lineare che consente al paesaggio di riaffiorare tra le linee orizzontali del dipinto murario, dettando il ritmo della visione. Un intervento complesso dove l'artista dimostra la sua abilità nel controllare l'intero processo creativo nel suo svolgersi, ottenendo risultati di grande consapevolezza e equilibrio compositivo, e rivelando la piena maturità del suo linguaggio espressivo.

Scenari emotivi fa il punto sulla ricerca attuale di Bini, che dimostra ancora una volta l’urgenza di esplorare tutte le possibilità della pittura per rinnovare costantemente il suo linguaggio artistico, rimettendo in discussione materiali e processi tramite un’indagine acuta e puntuale sugli elementi primi della pittura, la luce e il colore, che trova qui una sintesi nuova, nel segno dell’emotività. Opere aperte, paesaggi e scenari emotivi, luoghi del sé capaci di aprire nuovi spazi e finestre sul mondo.